sabato 26 maggio 2012

Non tutto il Vaticano II è vincolante. Distinguere per capire meglio




Il Card. W. Brandmüller, presidente emerito del Pontificio Consiglio di Scienze Storiche, ha contribuito con Sua Ecc.za Mons. Agostino Marchetto e Mons. Nicola Bux ad un libro in uscita per Cantagalli sulle chiavi di Benedetto XVI per leggere il Concilio Vaticano II.
In una recente intervista ha parlato della giusta ermeneutica da applicare ai documenti del Concilio: altro è una costituzione dogmatica altro una semplice dichiarazione.

Per quanto riguarda i documenti conciliari sul dialogo interreligioso e la libertà religiosa, le rispettive dichiarazioni del Concilio non contengono un “contenuto dogmatico vincolante”, dice.
I documenti Nostra Aetate e Dignitatis Humanae sono dichiarazioni. Queste si dovrebbero “prendere seriamente” come espressione del Magistero vivo senza “voler vincolare l’intera Chiesa, perché accetti questa forma”.
Si può discutere su questi documenti.
Questo è il punto di partenza per un “fruttuoso dialogo” con la Fraternità S. Pio X, poiché ogni concilio deve essere visto nel contesto storico, dice Brandmüller.
Deve essere messo in conto il diverso carattere giuridico dei documenti del Concilio Vaticano II. Si tratta di considerare la grande differenza tra il documento conciliare sulla Chiesa, il quale ha la forma di una “Costituzione” e la semplice Dichiarazione sui mass-media.
Brandmüller ha stima per il canonista di Monaco Klaus Mörsdorf (1909-1989).
Il Cardinale spera così anche in una felice conclusione dello sforzo vaticano per l’unità con la FSSPX.

Fonte: Kath.net
Traduzione nostra

3 commenti:

  1. sua Eminenza ha assolutamente ragione....peró lo sguardo storico che introduce in queste vicende é capace di dare inizio a una nuoa forma di relativismo -questa volta dentro la chiesa- forse piú pericoloso che quelli da fuori

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  2. Questa volta dentro la Chiesa?
    Perchè non è la stessa gerarchia ad essere inquinata di relativismo e i testi del concilio non ne sono forse pieni?
    Forse, ad esempio, che il sac. Ratzinger non ha studiato a Tubinga ed i suoi mentore non sono forse Gadamer, kant, hegel ecc.?
    Ma guarda che tocca leggere!

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  3. Non credo che si tratti di introdurre il relativismo nella Chiesa, per il fatto che la fede non dipende da un concilio quando non è definitorio della stessa, ma è il concilio che dipende dalla fede. Il problema del relativismo dogmatico si è verificato, spesso, per aver dogmatizzato ciò che era ancora in fieri o semplicemente pastorale. Di qui il rischio fortissimo del capovolgimento: la relativizzazione del dogma in nome della pastorale. Oggi ci troviamo a fare i conti con questo problema nella Chiesa.

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